«Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; egli cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non serbarne che la quintessenza. Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, – e il sommo Sapiente! – Poiché giunge all'ignoto! Avendo coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni altro! Egli giunge all'ignoto, e anche se, sconvolto, dovesse finire per perdere l'intelligenza delle sue visioni, le avrebbe pur sempre viste!»
La Lettera del Veggente è il manifesto poetico della modernità, nonché preludio ai movimenti d'avanguardia. È qui che Rimbaud ridefinisce la funzione sociale del poeta, investendolo del compito di riorientare l'umanità verso un'evoluzione spirituale interiore.
Scritta da Arthur Rimbaud il 15 maggio 1871 e indirizzata a Paul Demeny. Gemella della missiva inviata due giorni prima a Georges Izambard, si inserisce nella costellazione epistolare che segna l'inizio dell'avventura poetica rimbaldiana. È qui che Rimbaud enuncia l'assunto: «Le poète se fait voyant», il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Demeny, poeta e amico del professore Izambard, riceve dunque un proclama iniziatico: l'affermazione della poesia come viaggio verso l'altrove.
Scritta da Arthur Rimbaud il 13 maggio 1871, la Lettera a Georges Izambard accende la scintilla del manifesto poetico della modernità e apre la strada a un nuovo linguaggio universale. Ouverture alla successiva Lettera del Veggente, appartiene alla stessa costellazione epistolare che segna l'inizio del viaggio verso l'altrove. È qui che Rimbaud enuncia l'assunto: «Je est un autre» — io è un altro.
Charleville, 15 mai 1871.
J'ai résolu de vous donner une heure de littérature nouvelle. Je commence de suite par un psaume d'actualité :
[CHANT DE GUERRE PARISIEN – poème omis]
— Voici de la prose sur l'avenir de la poésie — Toute poésie antique aboutit à la poésie grecque ; Vie harmonieuse. — De la Grèce au mouvement romantique, — moyen âge, — il y a des lettrés, des versificateurs. D'Ennius à Théroldus, de Théroldus à Casimir Delavigne, tout est prose rimée, un jeu, avachissement et gloire d'innombrables générations idiotes : Racine est le pur, le fort, le grand. — On eût soufflé sur ses rimes, brouillé ses hémistiches, que le Divin Sot serait aujourd'hui aussi ignoré que le premier venu auteur d'Origines. — Après Racine, le jeu moisit. Il a duré deux mille ans !
Ni plaisanterie, ni paradoxe. La raison m'inspire plus de certitudes sur le sujet que n'aurait jamais eu de colères un jeune-France. Du reste, libres aux nouveaux ! d'exécrer les ancêtres : on est chez soi et l'on a le temps. On n'a jamais bien jugé le romantisme ; qui l'aurait jugé ? les critiques !! Les romantiques, qui prouvent si bien que la chanson est si peu souvent l'œuvre, c'est-à-dire la pensée chantée et comprise du chanteur ?
Car Je est un autre. Si le cuivre s'éveille clairon, il n'y a rien de sa faute. Cela m'est évident : j'assiste à l'éclosion de ma pensée : je la regarde, je l'écoute ; je lance un coup d'archet : la symphonie fait son remuement dans les profondeurs, ou vient d'un bond sur la scène. Si les vieux imbéciles n'avaient pas trouvé du Moi que la signification fausse, nous n'aurions pas à balayer ces millions de squelettes qui, depuis un temps infini, ont accumulé les produits de leur intelligence borgnesse en s'en clamant les auteurs !
En Grèce, ai-je dit, vers et lyres rythment l'Action. Après, musique et rimes sont jeux, délassements. L'étude de ce passé charme les curieux : plusieurs s'éjouissent à renouveler ces antiquités : — c'est pour eux. L'intelligence universelle a toujours jeté ses idées naturellement ; les hommes ramassaient une partie de ces fruits du cerveau ; on agissait par, on en écrivait des livres : telle allait la marche ; l'homme ne se travaillant pas, n'étant pas encore éveillé, ou pas encore dans la plénitude du grand songe. Des fonctionnaires, des écrivains. Auteur, créateur, poète, cet homme n'a jamais existé !
La première étude de l'homme qui veut être poète est sa propre connaissance, entière. Il cherche son âme, il l'inspecte, il la tente, l'apprend. Dès qu'il la sait, il doit la cultiver : cela semble simple ; en tout cerveau s'accomplit un développement naturel ; tant d'égoïstes se proclament auteurs ; il en est bien d'autres qui s'attribuent leur progrès intellectuel ! — Mais il s'agit de faire l'âme monstrueuse : à l'instar des comprachicos, quoi ! Imaginez un homme s'implantant et se cultivant des verrues sur le visage.
Je dis qu'il faut être voyant, se faire VOYANT. Le poète se fait voyant par un long, immense et raisonné dérèglement de tous les sens. Toutes les formes d'amour, de souffrance, de folie ; il cherche lui-même, il épuise en lui tous les poisons, pour n'en garder que les quintessences. Ineffable torture où il a besoin de toute la foi, de toute la force surhumaine, où il devient entre tous le grand malade, le grand criminel, le grand maudit, — et le suprême Savant ! — Car il arrive à l'Inconnu. Puisqu'il a cultivé son âme, déjà riche, plus qu'aucun ! Il arrive à l'inconnu ; et quand, affolé, il finirait par perdre l'intelligence de ses visions, il les a vues ! Qu'il crève dans son bondissement par les choses inouïes et innommables ; viendront d'autres horribles travailleurs ; ils commenceront par les horizons où l'autre s'est affaissé !
Charleville, 15 maggio 1871.
Ho deciso di darvi un'ora di letteratura nuova. Comincio subito con un salmo d'attualità:
[CANTO DI GUERRA PARIGINO – poema omesso]
— Ecco della prosa sul futuro della poesia — Tutta la poesia antica sfocia nella poesia greca; Vita armoniosa. — Dalla Grecia al movimento romantico, — Medioevo, — ci sono letterati, versificatori. Da Ennio a Théroldus, da Théroldus a Casimir Delavigne, tutto è prosa in rima, un gioco, avvilimento e gloria di innumerevoli generazioni idiote: Racine è il puro, il forte, il grande. — Se si fossero soffiate le sue rime, confusi i suoi emistichi, il Divino Sciocco sarebbe oggi ignoto come il primo venuto autore delle Origini. — Dopo Racine, il gioco è ammuffito. È durato duemila anni!
Né scherzo né paradosso. La ragione mi ispira più certezze sul soggetto di quante collere avrebbe mai avuto un jeune-France. Del resto, libertà ai nuovi! di esecrare gli antenati: si è a casa propria e si ha tempo. Non si è mai giudicato bene il romanticismo; chi l'avrebbe giudicato? i critici!! I romantici, che provano così bene che la canzone è così di rado l'opera, cioè il pensiero cantato e compreso dal cantore?
Perché Io è un altro. Se il rame si sveglia tromba, non è colpa sua. Questo mi è evidente: assisto allo sbocciare del mio pensiero: lo guardo, lo ascolto; lancio un colpo d'archetto: la sinfonia si agita nelle profondità, o giunge d'un balzo sulla scena. Se i vecchi imbecilli non avessero trovato dell'Io che il significato falso, non dovremmo spazzare questi milioni di scheletri che, da un tempo infinito, hanno accumulato i prodotti della loro intelligenza guercia proclamandosene gli autori!
In Grecia, ho detto, versi e lire ritmano l'Azione. Dopo, musica e rime sono giochi, svaghi. Lo studio di questo passato affascina i curiosi: diversi si rallegrano nel rinnovare queste antichità: — è per loro. L'intelligenza universale ha sempre lanciato naturalmente le sue idee; gli uomini raccoglievano una parte di questi frutti del cervello; si agiva per mezzo di essi, se ne scrivevano libri: tale era il modo di procedere; l'uomo non si impegnava, non essendo ancora sveglio, o non ancora nella pienezza del grande sogno. Funzionari, scrittori. Autore, creatore, poeta, quest'uomo non è mai esistito!
Il primo studio dell'uomo che vuole essere poeta è la propria conoscenza, intera. Cerca la sua anima, la ispeziona, la tenta, la impara. Appena la conosce, deve coltivarla: sembra semplice; in ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ci sono molti altri che si attribuiscono il loro progresso intellettuale! — Ma si tratta di rendere l'anima mostruosa: come i comprachicos, insomma! Immaginate un uomo che si impianta e coltiva verruche sul viso.
Dico che bisogna essere veggente, farsi VEGGENTE. Il poeta si fa veggente attraverso un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che le quintessenze. Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, in cui diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, — e il supremo Sapiente! — Perché giunge all'Ignoto. Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di chiunque altro! Giunge all'ignoto; e quando, sconvolto, finirebbe per perdere l'intelligenza delle sue visioni, le ha viste! Che scoppi nel suo slancio attraverso le cose inaudite e innominabili; verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti dove l'altro è crollato!
Download con il testo completo della "Lettre du Voyant" di Arthur Rimbaud. Il PDF contiene la lettera di Arthur Rimbaud a Paul Demeny del 15 maggio 1871, nota come "Lettre du Voyant", con testo originale francese e traduzione italiana.
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